La legge di riforma del condominio (legge 220/2012), in vigore dal 18 giugno 2013, introduce delle norme più dettagliate in merito al consumo energetico, al fine di incentivare e ottimizzare l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili in condominio. I riferimenti sono all'art. 1120, comma 2, cod. civ., che tratta gli impianti destinati alle esigenze dell'intero condominio, e all'art. 1122-bis cod. civ., che si occupa invece degli impianti destinati a servire le singole unità abitative.
Le novità introdotte dalla legge
di riforma del condominio
L’art. 1120 cod. civ., al nuovo comma 2, considera gli impianti destinati alle esigenze dell’intero condominio, diversamente dall’art. 1122-bis cod. civ., che tratta gli impianti destinati a servire le singole unità abitative.
La differenza tra le due disposizioni ruota intorno alla distinzione, non sempre agevole, tra “innovazione” e “modifica” delle parti comuni.
Gli interventi disciplinati dall’art. 1120 cod. civ., essendo considerati delle innovazioni, richiedono sempre la preventiva autorizzazione dell’assemblea, seppure agevolati da quorum deliberativi più bassi di quelli “ordinari”. Gli impianti realizzati nell’interesse di un singolo proprietario sono qualificati dall’art. 1122-bis cod. civ. come semplici modificazioni alle parti comuni, per cui la loro realizzazione, pur assistita da una serie di tutele, può anche non richiede l’intervento dell’assemblea.
Impianti fotovoltaici
per le esigenze dell’intero condominio (art. 1120 cod. civ.)
Tali impianti sono visti con particolare interesse dal legislatore, poiché permettono all’intero condominio, e non solo al singolo condomino, di beneficiare dell’energia prodotta.
Gli interventi rientrano tra le “innovazioni facilitate” di cui al secondo comma dell’art. 1120 cod. civ.: «le opere e gli interventi previsti (…) per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune».
Obblighi dell’amministratore
e ruolo dell’assemblea
L’installazione degli impianti richiede sempre la preventiva autorizzazione dell’assemblea, che dovrà accordare gli interessi collettivi e dei singoli condomini coinvolti.
L’assemblea delibera con la maggioranza qualificata dell’art. 1136, comma 2, cod. civ., ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli interventi e almeno la metà del valore dell’edificio.
Tale disposizione peraltro richiederebbe di essere coordinata con l’attuale art. 26, comma 2, della legge 10/1991, come modificato dall’art. 28 della legge 220/2012, che stabilisce, per gli stessi interventi, maggioranze diverse: «per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico e utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art. 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio».
Ai fini della deliberazione dell’assemblea, l’interessato alla realizzazione degli impianti deve presentare all’amministratore una richiesta di convocazione, che deve contenere «l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti», eventualmente anche allegando una perizia o un progetto redatto da un professionista del settore.
Una volta pervenuta tale richiesta, l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro 30 giorni.
Se l’amministratore ravvisa delle carenze documentali, deve, senza indugio, invitare il condomino proponente a integrare l’istanza. La norma contempla dunque un onere di convocazione dell’assemblea a carico dell’amministratore, connesso all’istanza del condomino interessato. L’eventuale inerzia dell’amministratore può essere valutata ai fini della revoca del suo incarico, costituendo un’ipotesi di “grave irregolarità” ex art. 1129 cod. civ.
TABELLA 1 - Installazione di impianti fotovoltaici per le esigenze dell'intero condominio
Amministratore |
È tenuto a convocare l'assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni in esame. |
Istanza di convocazione dell’assemblea |
La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni. |
Assemblea |
Delibera sulla realizzazione degli impianti con i quorum dell’art. 1136, comma 2, cod. civ., ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. |
Impianti vietati |
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. |
Gli impianti autonomi
(art. 1122-bis cod. civ.)
Come detto, la legge di riforma del condominio ha previsto la possibilità di realizzare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili per uso privato su parti comuni, con l’intento di offrire nuove opportunità di risparmio e sfruttamento delle superfici condominiali.
La ratio dell’art. 1122-bis è quella di liberalizzare al massimo l’installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili all’interno delle proprietà esclusive inquadrando tale attività quale ipotesi speciale di uso più intenso consentito delle parti comuniex art. 1102 cod. civ. (cfr. Trib. Milano, sent. 6 ottobre 2014, n. 11707) e sottraendola dalla disciplina, più rigorosa, delle innovazioni. La nuova norma, tuttavia pone, anche delicati problemi di tutela della proprietà esclusiva e del pari uso dei beni comuni.
Il nuovo art. 1122-bis cod. civ. costituisce una speciale ipotesi applicativa dell’art. 1102 cod. civ.; di conseguenzal’installazione degli impianti non centralizzati configura una particolare ipotesi di uso più intenso delle parti comuni, che è consentito a ogni singolo condomino nel rispetto del pari uso e della destinazione del bene (sulla nozione di uso più intenso, si veda da ultimo Cass. civ., sent. 3 giugno 2015, n. 11445). |
L’intento di favorire la diffusione di impianti autonomi in condominio peraltro è stato criticato da chi ritiene che probabilmente esigenze di decoro e di efficienza ed economicità avrebbero richiesto, al contrario, una maggiore incentivazione degli impianti centralizzati.
La nuova disciplina
Il primo e il secondo comma dell’art. 1122-bis cod. civ. prevedono la possibilità di installare sulle parti comuni rispettivamente impianti non centralizzati di ricezione radio-televisiva e impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, destinati al servizio di singole unità.
Se gli impianti predetti coinvolgono solo le parti di proprietà esclusiva, non è necessaria alcuna autorizzazione dell’assemblea.
Se gli impianti devono essere realizzati sulle parti comuni, occorre distinguere:
Comunicazione dell’interessato
Se si rendono necessarie modificazioni delle parti comuni (circostanza invero quasi inevitabile), deve essere attivata la particolare procedura prevista dal terzo comma dell’art. 1122-bis cod. civ., che vede coinvolti il soggetto interessato, l’amministratore e l’assemblea dei condomini.
L'interessato alla realizzazione degli impianti deve darne comunicazione all'amministratore, il quale convoca l’assemblea di condominio per le necessarie determinazioni.
La comunicazione deve indicare il contenuto specifico degli interventi che si intende realizzare, specificando i termini concreti dell’intervento, compresa l’eventuale estensione dei lavori sui beni condominiali.
Dato il contenuto tecnico della richiesta, è probabile che l’interessato non possegga le competenze necessarie per illustrare compiutamente i termini dell’intervento. È opportuno dunque farsi assistere da un professionista che certifichi quanto richiesto dalla norma. Tale prassi peraltro consente all’assemblea di valutare la richiesta con cognizione di causa, anche in ordine all’indicazione di eventuali modalità alternative di esecuzione.
Basta la SCIA per l’installazione di pannelli fotovoltaici sul pergolato |
Per installare il fotovoltaico sul terrazzo, è sufficiente la SCIA, a patto che i pannelli siano montati sul pergolato di legno: le linee guida che disciplinano l’installazione degli impianti energetici infatti prevedono che la segnalazione di inizio attività basta e avanza per le opere realizzate sulle pertinenze degli edifici e dunque anche sui pergolati. Così ha stabilito il Consiglio di Stato, che, con la sent. 27 aprile 2015, n. 2134, ha annullato l’ordine del comune di rimessione in pristino dopo la realizzazione di pannelli fotovoltaici a parziale copertura di un nuovo pergolato in legno, realizzato sul terrazzo dell’abitazione e dotato di tenda parasole retrattile. Per il giudice, va esclusa la necessità del permesso di costruire laddove l’art. 6, comma 2, lett. d), del D.P.R. 380/2001 dispone che sono soggetti a comunicazione di inizio attività gli interventi consistenti, tra l’altro, nell’installazione di «pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al D.M. lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444» e che essi possono essere installati «su edifici esistenti e loro pertinenze». Tra le pertinenze vanno inclusi i pergolati in legno, anche se, come nel caso di specie, il pergolato faceva da sostengo alla produzione di energia da fonti rinnovabili invece di sostenere le piante rampicanti, come avviene di solito. La sostanza non cambia, purché la struttura di legno consenta il passaggio di luce e aria e non si tratti di copertura stabile. |
Ruolo dell’amministratore
e dell’assemblea dei condomini
Più in generale, è sempre opp ortuna la comunicazione da parte dell’interessato al fine di consentire all’assemblea di valutare se l’intervento coinvolga o meno le parti comuni. L’amministratore, seppure in questo caso la norma non lo preveda espressamente, ha l’onere di convocare l’assemblea al più presto, preferibilmente prima dell’inizio dei lavori.
L’oggetto della deliberazione dell’assemblea è tassativamente definito dal terzo comma dell’art.1122-bis cod. civ., nel senso che l’assemblea non può negare l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto, ma solo condizionare la stessa alle attività previste dallo stesso articolo (Trib. Milano, sent. n. 11707/2014).
In particolare, l’assemblea può prescrivere, con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno i 2/3 del valore dell’edificio, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio. Con particolare riferimento agli impianti fotovoltaici, l’assemblea provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto.
L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.
L’assemblea non può negare al condomino l’autorizzazione a installare pannelli fotovoltaici a uso personale. Il nuovo art. 1122-bis cod. civ. configura una particolare ipotesi di uso più intenso consentito delle parti comuni ex art. 1102 cod. civ. Se gli impianti importano modifiche alle parti comuni, l’assemblea può soltanto definire le modalità di installazione degli stessi secondo quanto indicato dall’art. 1122-bis cod. civ. (Trib. Milano, sent. 6 ottobre 2014, n. 11707).
È corretto ritenere che, qualora il condomino interessato realizzi i lavori in violazione delle prescrizioni che sono state deliberate dall’assemblea, l’amministratore (che deve garantire la corretta esecuzione delle deliberazioni assembleari) o anche i singoli condomini possono attivarsi, anche in sede giurisdizionale, per bloccare l’installazione degli impianti non centralizzati.
TABELLA 2 - Impianti autonomi di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili
Se coinvolgono solo la proprietà esclusiva |
Nessuna autorizzazione dell’assemblea.
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Se si rendono necessarie modificazioni delle parti comuni |
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L’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione ed esecuzione delle opere. |
Gli impianti autonomi
di energia da fonti rinnovabili
Con particolare riferimento alla produzione di energia solare, il secondo comma dell’art. 1122-bisconsente l’installazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile, che siano a servizio di singole unità immobiliari, sul lastrico solare o su ogni altra superficie comune idonea (tetti, terrazze, pensiline, ballatoi, aree di copertura dei box, pareti verticali ecc.), oltre che naturalmente sulle parti in proprietà esclusiva. La definizione «a servizio di singole unità immobiliari» porta a ritenere che l’impianto debba principalmente produrre energia per le necessità dell’unità immobiliare, rimanendo escluso dalla definizione l’impianto destinato esclusivamente alla cessione di energia alla rete.
L’interesse alla realizzazione di tali impianti consiste evidentemente nella possibilità di ridurre le spese elettriche condominiali: il singolo stipula il contratto di servizio di scambio sul posto col GSE e utilizza l’autoconsumo e la valorizzazione dell’energia prodotta in esubero per compensare il costo della bolletta elettrica. Ma anche il condominio può installare l’impianto FER per i servizi comuni o essere soggetto produttore e vendere l’energia a un singolo condomino o, ancora, cedere le superfici delle parti comuni a un terzo soggetto, che realizza l’impianto e rivende l’energia all’utente finale.
L’impostazione dell’intera disciplina ruota intorno alla qualificazione degli interventi in esame come “modifiche” alle parti comuni e non vere e proprie “innovazioni”. Ciò consente la realizzazione di tali opere anche senza l’intervento preventivo dell’assemblea (che per le innovazioni è sempre indispensabile) e comunque con uniter (almeno nelle intenzioni) molto più agile rispetto alle autorizzazioni richieste per le innovazioni.
Se gli impianti coinvolgono solo la proprietà esclusiva dell’interessato, non sarà richiesta alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea (come prevede il quarto comma dell’art. 1122-bis cod. civ.), fatto salvo comunque il rispetto del decoro architettonico.
Il primo e il secondo comma dell’art. 1122-bis cod. civ. prevedono inoltre la possibilità di installare sulle parti comuni rispettivamente impianti non centralizzati di ricezione radio-televisiva e impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, destinati al servizio di singole unità. In questo caso, la norma fa un’importante distinzione:
Se poi si rendono necessarie modificazioni delle parti comuni, deve essere attivata la particolare procedura prevista dal terzo comma dell’art. 1122-bis cod. civ., già sopra illustrata, che vede coinvolti l’interessato alla realizzazione dell’impianto, l’amministratore e l’assemblea dei condomini.
Il limite del decoro architettonico
Tale limite è lo stesso richiamato dall’art. 1120 cod. civ. in tema di innovazioni e dall’art. 1102 cod. civ. in tema di uso della parti comuni e vale per tutti gli impianti autonomi, compresi quelli installati su parti di proprietà esclusiva.
Il codice civile non definisce il concetto di decoro architettonico.
Dottrina e giurisprudenza sono intervenute a colmare questa lacuna. Il decoro architettonico«risulta dall'insieme delle linee e dei motivi architettonici e ornamentali che costituiscono le note uniformi dominanti e imprimono alle varie parti dell'edificio stesso nel suo insieme, dal punto di vista estetico, una determinata fisionomia, unitaria e armonica, e dal punto di vista architettonico una certa dignità, più o meno pregiata e più o meno apprezzabile. Esso è opera particolare di colui che ha costruito l'edificio e di colui che ha redatto il progetto, ma, una volta ultimata la costruzione, costituisce un bene cui sono direttamente interessati tutti i condomini e che concorre a determinare il valore sia delle proprietà individuali che di quella collettiva sulle parti comuni». Il decoro rappresenta dunque «l'estetica del fabbricato, data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia e una specifica identità» (Cass. civ., n. 851/2007). Il concetto di decoro sopra delineato prescinde dal valore architettonico o dal particolare pregio storico-artistico dell’edificio, per cui si può parlare di decoro architettonico anche laddove «possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia» (Cass., sent. n. 8830/2008).
Occorre rilevare peraltro che il “decoro architettonico”, se definito abbastanza chiaramente in giurisprudenza, risulta spesso di non facile declinazione quando viene calato nella realtà pratica. Esso pertanto deve necessariamente essere valutato caso per caso e la sua determinazione, ad alto tasso di conflittualità, richiede spesso l’intervento del giudice.
L’uso del lastrico solare
L’intervento dell’assemblea è richiesto solo quanto si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni e su richiesta dell’interessato. In tali ipotesi, l’assemblea non può negare al condomino l’autorizzazione a installare pannelli fotovoltaici a uso personale (Trib. Milano, sent. n. 11707/2014). È invece chiamata esclusivamente a individuare eventuali modalità alternative di esecuzione o a imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio. Con la stessa maggioranza, l’assemblea può subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.
L’assemblea può altresì provvedere, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto.
Con tale disposizione, riferita in maniera specifica alla realizzazione di impianti fotovoltaici sul lastrico solare o su altra superficie idonea, il legislatore ha inteso ribadire la necessità di garantire, in ogni caso, il rispetto della destinazione prevista dal regolamento o comunque in atto del bene comune ai sensi dell’art. 1102 cod. civ.
Si tratta di una prescrizione che, in concreto, potrebbe pregiudicare la ratio della nuova disciplina, cioè quella di agevolare l’utilizzo di impianti non centralizzati. Infatti la norma non sembra sufficiente a risolvere il conflitto nei casi in cui le richieste dovessero essere superiori alle concrete possibilità del lastrico o della superficie comune di contenere i vari impianti autonomi. In questi casi, dovrebbe trovare applicazione quella giurisprudenza che, in situazioni d’impossibilità concreta di un pari godimento promiscuo della parte comune, ha ritenuto valide le deliberazioni dell’assemblea che garantiscono comunque un godimento indiretto, per esempio attraverso il pagamento di un canone di locazione del bene (Cass. civ., sent. n. 22435/2011).
È da sottolineare poi che l’intervento dell’assemblea rimane comunque subordinato alla richiesta dell’interessato. In difetto, dunque, ogni condomino potrebbe installare l’impianto, una volta rese le comunicazioni di rito e rispettati i limiti anzidetti, anche pregiudicando il pari uso sostanziale degli altri condomini.
L’accesso nelle unità
immobiliari altrui
L’ultimo comma dell’art. 1122-bis cod. civ. prevede che l’accesso alle unità immobiliari esclusive deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere.
Tale conclusione, in realtà, poteva già ricavarsi in via analogica dall’art. 843, comma 1, cod. civ., che, in termini generali, impone al proprietario di permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera del vicino oppure comune. Rimangono ferme dunque le condizioni di operatività della norma individuate dalla giurisprudenza, la quale ammette il passaggio attraverso la proprietà altrui finalizzato alla manutenzione e alla riparazione, ma solo per il tempo strettamente necessario ai lavori, specie se mancava una via di accesso alternativa praticabile.
La nuova disposizione deve dunque essere interpretata in maniera rigorosa, al fine di evitare indebite ingerenze nella proprietà privata altrui. In particolare, l’accesso nella proprietà altrui per l’esecuzione di interventi edilizi necessita di una valutazione comparativa dei contrapposti interessi delle parti, nel senso che l’utilizzazione del fondo del vicino non è consentita ove sia comunque possibile eseguire i lavori sul fondo stesso di chi intende intraprenderli, oppure su quello di un terzo con minore suo sacrificio (Cass. civ., sent. n. 28234/2008). In caso di diniego di accesso, si ritiene che l’interessato possa coinvolgere l’amministratore di condominio e successivamente, in caso di esito negativo, adire l’autorità giudiziaria.