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L'amministratore
Poteri dell'amministratore

Provvedimenti dell'amministratore


L'art. 1133 cod. civ., la cui rubrica recita "Provvedimenti presi dall'amministratore", dispone: "I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137". Soffermiamo la nostra attenzione su tale disciplina.

 

D: Qual è la finalità di tale disposizione?

R: La norma accorda all'amministratore il potere di assumere provvedimenti obbligatori nei confronti dei condomini, i quali, tuttavia, qualora si ritengano lesi in un proprio diritto, possono impugnarli davanti all'assemblea e, ricorrendone le condizioni, davanti all'autorità giudiziaria. Come messo in luce dalla migliore dottrina, la norma mira quindi a realizzare una tutela del condomino contro eventuali abusi dell'amministratore. La disposizione, non modificata dalla recente riforma della disciplina condominiale, erige una impalcatura piramidale che colloca nel gradino più alto l'assemblea dei condomini, nel gradino intermedio l'amministratore, e, infine, nel gradino più basso i singoli condomini.

D: L'obbligatorietà per i condomini dei provvedimenti assunti dall'amministratore avviene nell'ambito dei suoi poteri. Quali sono?

R: L'ambito dei poteri deve ritenersi circoscritto e contenuto nel perimetro dettato dall'art. 1130 cod. civ. oppure nel regolamento di condominio o, ancora, definito dall'organo assembleare mediante specifica delibera.

D: In particolare, ai sensi del richiamato art. 1130 cod. civ., quali sono le attribuzioni demandate "ex lege" all'amministratore?

R: Nel ridefinire le attribuzioni dell'amministratore, la riforma ha reso più incisivi gli obblighi posti a suo carico al fine di soddisfare finalità ed esigenze di controllo del suo operato. Oltre agli obblighi conseguenti all'espletamento del mandato, nonché a quelli imposti da altre disposizioni di legge, l'amministratore deve in particolare: eseguire le deliberazioni dell'assemblea; convocare annualmente l'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale; curare l'osservanza del regolamento di condominio; disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni; compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio; eseguire gli adempimenti fiscali; curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale; curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità; conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio; fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

D: Cosa si intende per provvedimenti presi dall'amministratore?

R: La norma tace proprio sul punto più incandescente, lasciando così all'interprete il delicato compito di provvedere ad una qualificazione degli stessi funzionale all'individuazione degli atti assunti dall'amministratore che, in quanto obbligatori per i condomini, consentano poi a quest'ultimi, in caso di asserita lesione, di innescare il meccanismo di tutela escogitato dal legislatore.

D: In dottrina si è anche discorso in termini di arbitrarietà dei provvedimenti. Ma quando un provvedimento può definirsi "arbitrario"? E quali tutele si ritiene siano offerte in tal caso ai condomini?

R: Qualora il provvedimento preso dall'amministratore si palesi come "arbitrario" - per tale intendendo quello assunto al di fuori dei poteri dell'amministratore medesimo - esso, come evidenziato dalla migliore dottrina, non si configura più come obbligatorio per il condomino destinatario dello stesso. Nondimeno, tuttavia, contro di esso il condomino interessato può comunque ricorrere all'assemblea: in tale ipotesi, l'organo assembleare può annullare il provvedimento de quo o ratificarlo a seconda che intenda dare ragione o torto al condomino istante. In caso di ratifica assembleare, il condomino può comunque ricorrere al giudice, dovendosi tuttavia precisare che, ove il deliberato assembleare abbia violato la legge o un diritto del singolo condomino del quale l'assemblea non può disporre, il ricorso all'autorità giudiziaria risulta ammesso anche al fuori dei limiti e dei termini prescritti dalla disciplina contenuta nel richiamato art. 1137 cod. civ.

D: Il condomino, il quale lamenti la lesione di un proprio diritto, può rivolgersi al giudice anche senza esperire il previo ricorso all'organo assembleare?

R: Pur non mancando voci dissonanti in seno alla dottrina, dal tenore letterale della norma in esame la giurisprudenza di legittimità ha tratto il principio, enunciato in più decisioni, che l'esercizio del diritto del condomino di adire l'autorità giudiziaria non è subordinato al preventivo ricorso all'assemblea dei condomini. Il testo codicistico, ha osservato il giudice di legittimità, prevede infatti il ricorso all'assemblea, "senza pregiudizio" del ricorso all'autorità giudiziaria, lasciando in tal modo trasparire dal punto di vista letterale la piena compatibilità tra i due rimedi: infatti, il "favor" verso la tutela giurisdizionale ed il pieno esercizio del diritto di azione inducono ad escludere la costruzione in via pretoria di condizioni di procedibilità. Come sottolineato da alcuni autori, il legislatore ha inteso demandare alla libera determinazione del condomino leso dal provvedimento di portata obbligatoria una duplice scelta: ricorso all'assemblea dei condomini o ricorso all'autorità giudiziaria. Tale opzione, offerta dal dettato codicistico al condomino, sarà ovviamente condizionata da una sua personale e preventiva considerazione e valutazione del giudizio rimesso al consesso assembleare: infatti, ove il condomino riterrà di non poter fare affidamento su un atteggiamento solidaristico da parte degli altri partecipanti al condominio, si asterrà dal ricorrere all'organo assembleare proponendo direttamente ricorso al giudice. Anche per tali ragioni, condizionare la proponibilità del ricorso all'autorità giudiziaria al previo esperimento del rito assembleare potrebbe rivelarsi rimedio inutile e dilatorio ispirato a vieto formalismo.

D: La norma in esame accorda al condomino la possibilità di ricorrere all'assemblea dei condomini o al giudice. In entrambi i casi possono essere denunziati sia vizi di legittimità che di merito del provvedimento?

R: Nel silenzio, sul punto, della giurisprudenza, sono stati gli autori che hanno indagato il fenomeno a registrare le proprie opinioni. Tendenzialmente, la dottrina maggioritaria ritiene che, mentre in sede assembleare possano essere fatti valere sia vizi di legittimità che di merito, attinenti quest'ultimi a profili di opportunità e convenienza dell'atto dell'amministratore, in sede giudiziaria possano essere denunziati soltanto vizi di legittimità, ovvero attinenti a profili di contrarietà dell'atto medesimo alla legge o al regolamento condominiale.

D: La norma in esame abilita i singoli condomini a ricorrere all'assemblea condominiale contro i provvedimenti presi dall'amministratore. Vale anche il contrario?

R: Alla domanda ha dato una risposta positiva la Corte di cassazione che, in una pur risalente pronuncia ha espressamente enunciato che a norma dell'art. 1133 cod. civ. i singoli condomini possono ricorrere all'assemblea condominiale contro i provvedimenti presi dallo amministratore nell'ambito dei suoi poteri: ciò consente di affermare, argomentando per analogia, che anche l'amministratore può rivolgersi all'assemblea condominiale per provocarne una deliberazione che sancisca la disciplina da lui adottata per l'uso delle cose comuni, al fine di vincere l'asserita resistenza di uno dei condomini.

D: La disciplina esposta ha natura imperativa?

R: No, in quanto l'art. 1133 cod. civ. non figura tra le disposizioni che l'art. 1138, penultimo comma, cod. civ. considera inderogabili dalle norme del regolamento condominiale. Una clausola regolamentare potrebbe quindi abrogare la disposizione codicistica vigente.

 

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Cod. civ. art. 1130

Cod. civ. art. 1133

Cod. civ. art. 1137

 

RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI:

Cassazione civile, Sez. II sentenza 22 giugno 2011, n. 13689

Cassazione civile, Sez. II sentenza 11 maggio 2011, n. 10347

Cassazione civile, Sez. II sentenza 2 ottobre 1985, n. 4780

Cassazione civile, Sez. II sentenza 10 giugno 1981, n. 3775

Cassazione civile, Sez. II sentenza 8 marzo 1977, n. 960

Cassazione civile, Sez. II sentenza 13 febbraio 1976, n. 472

Cassazione civile, Sez. II sentenza 28 agosto 1975, n. 3024

Tribunale Ariano Irpino, civile, Sentenza 16 giugno 2011, n. 300

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